UN LUOGO DEL FUTURISMO : LA SICILIA E GIULIO D'ANNA

Il Futurismo percorre tutta la Sicilia da Palermo a Catania, a Messina, a Trapani, a tante cittadine emarginate, che vengono scosse dall’impetuoso vento del rinnovamento,per circa un ventennio, non troppo in ritardo rispetto ai ritmi nazionali: dagli anni Quindici, in cui l’adolescente Vittorio Corona (1901-1960) comincia a disegnare futuristicamente immagini mosse e ispirate al volo, antesignano dell’aeropittura, a tutti gli anni Venti, fino al 1935-‘36, anni in cui Giulio D’Anna (1908-1978) dà un addio alle modalità futuriste per le influenze esercitate sul suo pensiero dagli amici Renato Guttuso e Beniamino Ioppolo. La vera capitale del Futurismo pittorico

dell’Isola è Palermo, mentre Messina lo è di quello letterario, sicché, quando si parla di Gruppo futurista siciliano ci si riferisce, per convenzione comune, a Pippo Rizzo

(1897-1964), fondatore e manager del movimento in Sicilia, a Vittorio Corona e a Giovanni Varvaro (1888-1973): Giulio D’Anna ne resta fuori, sia perché è messinese,

anche se di adozione, sia perché è il più giovane e quindi quello che entra più tardi a contatto con Marinetti, con Prampolini e compagni, proprio quando i tre di

Palermo stanno di fatto uscendo dal Futurismo.E dei siciliani è l’unico vero aeropittore, anzi uno dei più interessanti dell’aeropittura futurista italiana, apprezzatissimo da Marinetti, che lo inserisce tra i rappresentanti del filone veristico sintetico documentario nella versione del Manifesto dell’Aeropittura del 1935 e che inaugura due sue mostre nel ’31 e nel ’33. D’Anna, tuttavia, attraversa tutti e quattro i filoni dell’aeropittura da convinto futurista qual’ è, ha come maestri Prampolini e Fillia ed ha il gusto della sperimentazione nel suo DNA: anche quando abbandona il movimento, non smette mai di ricercare e sperimentare con un cifrario pittorico flessibile tutte le possibilità ideative e tecniche che la pittura contemporanea offre, soprattutto nel dopoguerra, negli anni Cinquanta e Sessanta, in cui si accosta perfino alla Pop Art, all’Astrattismo, e ancora alle nuove soluzioni del Polimaterico già da lui usato nella fase futurista. La sua aeropittura mediterranea, carica di tutte le sfaccettature cromatiche, che sole, mare e colline dello Stretto gli squadernano dinanzi e di cui il suo pennello si nutre con abbandoni spaziali lirici, propri della sua indole dolce e serena. Un paesaggio solare il suo, la poesia del paesaggio, in cui mare e terra si scontrano e in cui aerei rossi, gialli, verdi viola (il viola è simbolo di dinamismo e velocità per Fillia) intessono gare ludiche, che rivelano tutta la gioiosa fascinazione dell’infinito, che anima le mutevoli polidimensionalità prospettiche, con cui le traiettorie dei motori sfreccianti trasfigurano la realtà. I panorami si fondono e aprono direzioni nuove, che sono solo della fantasia, in un effervescente scoppiettio di curve, ondulazioni, rette. Nei decolli, negli atterraggi,nei voli radenti, dall’alto, alberi, case, colline assumono dimensioni miniaturistiche in un caleidoscopio coloristico, che guarda alla lezione figurale e cromatica di Balla e Depero, ma con una coniugazione tutta mediterranea. Sfiora a volte, perfino,nel tentativo di scomporre simultaneamente la realtà, l’astrattismo, apparendo così come l’autentico futurista siciliano, anche se autodidatta e anche se gli altri suoi compagni di viaggio hanno meriti creativi, qualitativi e pragmatici non trascurabili.In questi ultimi anni ci si è sforzati in molti a far conoscere e a valorizzare la sua pittura come merita, e questa mostra, in una delle capitali dell’arte italiana, è una delle tante occasioni per farlo.


Anna Maria Ruta



15.03.2021